
Alla scoperta del colle e dell’eremo del San Marco
A cura di Antonella Alesi
COLLE SAN MARCO
Dalla città di Ascoli Piceno, volgendo lo sguardo verso l’alto, è impossibile non notare l’imponente terrazzo naturale che è il colle San Marco, tappa intermedia verso la Montagna dei Fiori. Un balcone in travertino, a 694 m sul livello del mare, che la natura ha formato e poi innalzato, e da cui è possibile una visione da sogno: un saliscendi di colline, valli, monti, una esplosione di colori e di antichi paesetti, finché il travertino della città si erge su tutto.
La leggenda, tratta da un manoscritto del XVII secolo conservato presso l’archivio Diocesano di Ascoli, vuole che la sua origine derivi da una contesa tra giganti e divinità che per sfida iniziarono ad ammucchiare massi smisurati verso il cielo, ammucchiando monti sopra monti.
Un sacrario e due cippi commemorativi, ricordano i giovani patrioti ascolani che nell’ultima guerra organizzarono la Resistenza sul colle, fuori dalle mura della città, perdendo la loro vita.
L’EREMO DEL SAN MARCO
L’eremo del S. Marco, risalente al secolo XIII, offre al visitatore una scenografia unica grazie alla suggestiva posizione e alla roccia che lo sovrasta. Situato nel comune di Ascoli Piceno, a sud della città, è abbarbicato alla parete rocciosa del colle omonimo, nei pressi della frazione di Piagge.
Immerso nella natura, un ponte a gradini giunge all’ingresso della caverna che fu chiesa di un convento fondato da monaci Benedettini, o Cistercensi secondo alcuni studiosi. La singolare costruzione, che appare appesa alla nuda roccia, è costituita da due piani sovrapposti, il primo composto da una volta a botte su cui s’intravedono i resti di affreschi sacri oramai sbiaditi, il secondo direttamente creato da una grotta naturale con la volta ricoperta di capelveneri. Dell’edificio sottostante oggi non vi è più traccia, ma risulta constasse di una cappella, di un dormitorio, una cucina e un refettorio, oltre ad ospitare una macina di travertino per la lavorazione del raccolto.
Citato per la prima volta in un lascito testamentario del 1253, posto sotto l’egida dell’episcopato ascolano, aveva ricevuto nel 1287 le costituzioni dal vescovo Bongiovanni. Nel 1289 con una bolla del papa Niccolò IV si stabilì che venisse concessa l’indulgenza plenaria a coloro che fossero andati in visita all’eremo nel giorno della ricorrenza dell’evangelista. A quell’epoca l’istituzione era un forte punto di riferimento spirituale della città di Ascoli, ma per l’eccessiva agiatezza e per la condotta irregolare dei monaci, nel 1385 il vescovo comminò la scomunica dell’eremo. L’edificio fu concesso alla nobile famiglia Sgariglia che lo adibì a chiesa e vi innalzò una torre con campana dal peso di circa 1000 libre, oltre ad un altare in onore del Santo.
All’interno è possibile osservare la tomba dei Tibaldeschi, sormontata dai propri stemmi gentilizi, uno scudo con sei palle disposte a 3,2,1.
La chiesa fu sostituita nella cura delle anime degli abitanti di Piagge nel 1474, con l’attuale chiesa di San Bartolomeo, più comoda sia per la posizione, sia per la sepoltura dei morti.
Ben visibile da piazza del Popolo nel centro storico di Ascoli Piceno, il 25 aprile di ogni anno, giorno in cui si celebra la festa del S. Marco, l’eremo è meta di pellegrinaggi all’interno della grotta.
Itinerario:
- Dalla frazione di Piagge, circa 6 Km a sud di Ascoli Piceno, si parcheggia l’auto presso il cimitero per poi proseguire a piedi per un sentiero lastricato in pietra che in pochi minuti conduce ad una biforcazione.
- A destra si continua per la grotta del Beato Corrado e lo sperone roccioso noto come il Dito del Diavolo, a sinistra ci si dirige verso l’eremo.
- Dopo circa 5 minuti di ascesa, si intravede la scalinata in pietra.
- Raggiungibile anche scendendo dal colle San Marco, impegnativa la risalita.
Attualmente l’interno dell’eremo non è visitabile, ma la bellezza del paesaggio e la visione che spazia dai monti Sibillini al mare, merita un’escursione.