
Chiesa dei Morti
La Chiesa dei Morti di Urbania è uno dei luoghi più misteriosi delle Marche, carica di un particolare fascino – per qualcuno forse un po’ macabro – che traspare già dal nome.
Originaria del XIV secolo, questa chiesa presenta una bella facciata in stile romanico-gotico, dove spicca il portale strombato in pietra rosa arricchito da elementi decorativi scultorei.
L’interno, ristrutturato probabilmente tra XVII e XVIII secolo, è piuttosto semplice e si sviluppa seguendo un’unica navata. Diverse sono le opere d’arte qui custodite, tra cui la mirabile pala d’altare attribuita a Giustino Episcopi raffigurante la Decollazione di san Giovanni Battista (1560).

Fin qui però nulla di misterioso. L’unicità della Chiesa dei Morti si nasconde infatti dietro l’altare, dove sono racchiusi in teche di legno e vetro ben diciotto corpi mummificati, capaci di raccontare una storia secolare e ancora oggi enigmatica.
Tutto cominciò nel 1804 con la promulgazione da parte di Napoleone del famoso Editto di Saint-Claude, che prevedeva il trasferimento delle salme dei morti in fosse comuni al di fuori delle mura cittadine.
Ad Urbania questo trasferimento di copri e tombe fu svolto in buona parte dalla Confraternita della Buona Morte, un gruppo religioso fondato nel 1567 da Giulio Timotei che svolgeva varie opere caritatevoli, tra cui, appunto, quello del trasporto dei defunti.
Uno dei cimiteri da “riesumare” era quello del piccolo convento di San Francesco, vicino all’attuale Chiesa dei Morti, all’epoca conosciuta come Cappella Cola.
Durante questa operazione venne però fatta una scoperta incredibile: furono ritrovati svariati corpi di persone morte tra il XVI e il XVII secolo ancora perfettamente conservati, dopo oltre due secoli che avrebbero dovuto lasciare al massimo un mucchio di ossa.
Ad essere affascinato da questo incredibile ritrovamento fu in particolar modo Vincenzo Piccini, priore della Confraternita della Buona Morte ma anche chimico e farmacista. Le salme, caratterizzate da un naturale stato di mummificazione, furono quindi conservate e studiate dal priore, che ipotizzò l’utilizzo di un unguento per garantire il processo di conservazione. La teoria, smentita nel tempo, fu sostituita da quella che riconosceva il “merito” della mummificazione ad un particolare tipo di fungo, ma studi recenti sembrano aver sementito anche questa ipotesi trovando la causa nelle particolari condizioni del terreno e dell’ambiente dell’antico cimitero.
Oggi i corpi esposti dietro l’altare della Chiesa dei Morti sono appunto diciotto (sei donne e dodici uomini), tra cui anche quello dello stesso Vincenzo Piccini, avvolto dall’abito della confraternita e con il bastone priorale.
Differenti esami sono inoltre riusciti a ricostruire le caratteristiche dei singoli corpi e le cause della morte, tra morti violente e malattie, garantendo quindi un’importante testimonianza su quella che doveva essere la vita tra il XVI e il XVII secolo.
La Chiesa dei Morti è in effetti un vero e proprio museo, con la possibilità di prendere parte a visite guidate capaci di raccontare tanti aneddoti su questo luogo così inusuale.