
La Collegiata di San Medardo
Se siete ad Arcevia o nei dintorni, non potete perdere l’occasione di visitare la splendida Collegiata di San Medardo. Stiamo parlando di una vera a propria chiesa- museo, dove sono contenuti alcuni importanti capolavori dell’arte sacra marchigiana.
L’antica e imponente struttura, conosciuta fin da primi anni del XIII secolo ed ampliata nel corso del ‘600, può essere considerata uno scrigno atto a contenere queste mirabili opere, che spaziano dalla pittura alla scultura, passando per l’arte decorativa.
Tra queste spiccano senza dubbio i due dipinti di Luca Signorelli, una delle grandi personalità della pittura rinascimentale: il Polittico di S. Medardo (1507), anche conosciuto come Polittico di Arcevia, e il Battesimo di Cristo (1508). Altrettanto affascinante è il maestoso dossale in terracotta invetriata conosciuto come Madonna col Bambino tra i Santi Giovanni Battista e Girolamo (1510-1513), scolpito da Giovanni della Robbia, esponente della celebre ed omonima bottega fiorentina specializzata proprio nella tecnica della terracotta invetriata.

Sono presenti poi svariate opere di Ercole Ramazzani, allievo del Lotto, come il Battesimo di Cristo (1593) e il Giudizio Universale (1597); la Madonna del Rosario con i SS. Domenico e Caterina da Siena (1642), uno dei maggiori lavori di Simone Cantarini il Pesarese, principale allievo di Guido Reni; e tanti altri dipinti di abili artisti.
Meritano poi di essere menzionati gli arredi lignei dei maestri intagliatori Leonardo Scaglia e Francesco Giglioni, presenti ad Arcevia tra il 1647 e il 1650, e la Croce Processionale (1524-25) in argento del rinomato orafo perugino Cesarino del Roscetto.
Insomma, come avrete capito è un posto da non lasciarsi sfuggire, imperdibile per gli amanti della storia dell’arte e consigliato per chiunque si inoltri alla scoperta del territorio arceviese.

Giudizio Universale, Ercole Ramazzani (dettaglio)

Battesimo di Cristo, Luca Signorelli (dettaglio)
Storia e struttura
La Collegiata di San Medardo è intitolata ad un Santo piuttosto inusuale, almeno in Italia. Medardo infatti, vissuto durante il VI secolo e celebrato ad Arcevia l’8 giugno di ogni anno, fu vescovo di Viromandesium, l’attuale Saint-Quentin, comune francese, e il suo legame con il Comune arceviese rimane ancora in parte avvolto dal mistero. Probabilmente questo rapporto deriva dalla frequentazione del territorio da pare dei Franchi, con Medardo visto come lascito di Carlo Magno.
Quel che è certo invece è la prima attestazione della chiesa nel 1208, quando non era ancora Collegiata. Questa importante nomina si avrà soltanto nel 1585 per volere di Sisto V, pontefice nativo di Grottammare, che, oltre all’assegnazione del titolo, diede l’impulso per l’inizio di radicali lavori di rinnovamento della struttura.
Lavori che inizieranno circa mezzo secolo più tardi, nel 1634, seguendo il progetto dell’architetto pisano Michele Buti e sotto la supervisione di Ascanio Passeri da Pergola. Conclusisi nel 1644, diedero alla Collegiata di San Medardo un aspetto ben più imponente e monumentale rispetto all’edificio precedente: la chiesa antica fu quasi totalmente demolita, così come diverse costruzioni nelle vicinanze, per lasciar spazio ad un progetto che prevedeva un notevole ampliamento delle dimensioni.
La nuova struttura – che in buona parte ricalca quella odierna – fu pensata con una facciata in cotto suddivisa in due ordini, rimasta però incompiuta, e un interno contraddistinto da un’unica grande navata, che ospita oggi i sopracitati capolavori dell’arte sacra marchigiana. La cupola fu invece progettata nel XVIII secolo da Andrea Vici, importante architetto di origine arceviese allievo di Luigi Vanvitelli.
Sul portale di ingresso e sopra l’altare di San Francesco si possono notare due iscrizioni che ribadiscono come la Collegiata “offra” ai fedeli l’indulgenza plenaria quotidiana perpetua. Curiosamente questo privilegio potrebbe essere legato alla figura di San Medardo, conosciuto come patrono dei ladri – oltre che degli ombrellai – e dotato di una grande bontà d’animo. Proprio questo sua spiccata propensione al perdono, anche verso chi veniva sorpreso a rubare, si sarebbe dunque mantenuta con la chiesa a lui dedicata, che tramite l’indulgenza dà al peccatore la possibilità di “riparare” ai suoi errori.