
I PICENI NELLE MARCHE, TUTTI I SITI ARCHEOLOGICI E RITROVAMENTI IMPORTANTI DA VISITARE
PICENI NELLE MARCHE. Necropoli, siti archeologici, tesori, ritrovamenti, e tutte le cose più importanti da visitare e scoprire di questo antico popolo stanziatosi in antichità nelle Marche
La civiltà picena si configura tra il IX e il IV sec. a. C. con una popolazione che stanziò abitualmente nel territorio compreso tra i fiumi Foglie ed Esino, delimitato dall’Appennino e dal mar Adriatico, e che comprendeva le odierne Marche e la parte settentrionale dell’Abruzzo. I Piceni, o Picenti, secondo le attestazioni romane di Tito Livio e Plinio – Picentini per Strabone – subirono un processo di romanizzazione entrando nell’orbita della Repubblica romana dopo la Battaglia del Sentino avvenuta nel 295 a. C. Anche il nome Piceni sarebbe stato dato dai romani che convenzionalmente legarono queste popolazioni al picchio (picus): secondo Plinio il Vecchio, i piceni giunsero in queste zone dalla Sabina sotto la guida di un picchio che indicò loro il cammino, da allora quest’uccello venne ritenuto sacro; ancora oggi il picchio fa parte della tradizione marchigiana tanto da essere stilizzato nel simbolo della Regione Marche.
Prima della romanizzazione del territorio non esisteva un centro abitato predominante tra i Piceni, che non avevano una organizzazione di tipo statale e non avevano, quindi una capitale di riferimento. Sono rintracciabili moltissimi siti archeologici riconducibili fin dai primi periodi di stanziamento, come quelli relativi alla zona di Ancona, Camerano, Numana e Monte Roberto con reperti attestati da necropoli o da centri abitativi, il reperto guida è il Kothon, un piccolo vaso in terracotta. Il primo periodo, che segna il passaggio dall’età del bronzo a quella del Ferro, mostra infatti una concentrazione della popolazione picena nella zona costiera nell’area del Conero fino alla costa di Porto Sant’Elpidio, mentre nello stesso periodo ma all’interno sono noti gli stanziamenti di Monte Roberto e di Moie di Pollenza.
Un secondo periodo, caratterizzato dallo sviluppo della metallurgia, inquadrato cronologicamente nel VIII sec. a. C. attesta uno spostamento dei piceni verso nord, dove il ritrovamento più importante è quello della necropoli di Novilara – frazione a circa 6 km da Pesaro -, l’unica scavata interamente che ha riportato alla luce circa 300 tombe, tra i reperti più interessanti la Stele di Novillara, iscrizione in lingua picena databile intorno al VI sec. a. C.
Una terza fase di diffusione dei piceni torna ad interessare tutto il territorio marchigiano anche se la concentrazione maggiore si attesta a ridosso dell’Appennino. In questa fase – analoga a quella attraversata dalla civiltà etrusca – i reperti sono di tipo orientalizzante: in questo periodo probabilmente si sono importati oggetti provenienti da Egitto, Siria e Asia Minore da cui sono stati assorbiti i gusti. I centri più interessanti sono quelli che si trovano nei pressi dei valici appenninici, zone di transito legate al commercio e agli scambi come Fabriano, San Severino e Serravalle. Uno dei reperti più noti e controversi è l’oinochoe di Matelica, un vaso realizzato con un uovo di struzzo che costituiva il corpo centrale e il bocchello in avorio finemente decorato.
La fase successiva interessa il periodo a cavallo tra il VI e il V sec. a. C. con diverse attestazioni della popolazione picena sia nella zona a nord dell’Esino che a nel sud delle Marche fino ad interessare la zona nord dell’Abruzzo. Di questo periodo le iscrizioni sudpicene che testimoniano la scrittura in lingua italica con un alfabeto decifrato integralmente, oggetti per l’ornamentazione femminile e la staturia monumentale di Numana e Capestrano. È di produzione picena infatti una fra le maggiori opere d’arte prodotte dai popoli italici, il Guerriero di Capestrano, oggi conservato al Museo Archeologico nazionale d’Abruzzo, una statua monumentale che raffigura un condottiero piceno ornato da un elmo, similare al Guerriero di Numana conservato nel Museo Archeologico Nazionale delle Marche.
Nella fase successiva, pur rimanendo vitali i centri del periodo precedente, si nota un ripopolamento della zona a nord dell’Esino con una massiccia importazione di ceramica greca a figure rosse che attraverso i porti di Ancona e Numana si diffondeva su tutto il territorio, anche a questo è dovuta la fioritura delle città adriatiche di Numana, Spina e Adria che consentivano scambi veloci con la Grecia che a sua volta produceva una forma di ceramica attica appositamente per il mercato piceno.
L’ultima fase archeologica giunge fino al III sec. a. C. con la battaglia del Sentino che segna, convenzionalmente la fine della cultura picena assorbita gradualmente da quella romana. Ovviamente la storia dei Piceni non si interruppe bruscamente con l’arrivo dei romani. Diverse invasioni, prima quella dei Galli Senoni che occuparono la parte settentrionale del territorio fino al fiume Esino, poi quella dei Greci di Siracusa che fondarono la città di Ancona contribuirono a destabilizzare l’equilibrio etnico dei piceni causando, via via, la perdita di identità che li aveva caratterizzati fino all’arrivo dei romani che, con la Repubblica inglobò tutto il territorio marchigiano.