
L’oliva ascolana: uno scrigno verde e dorato
Un’icona delle Marche
Le olive ascolane non hanno bisogno di presentazioni. Queste piccole palline ripiene e fritte possono essere considerate il simbolo della cultura gastronomica del Piceno e, probabilmente, il prodotto più celebre di tutta la cucina marchigiana.
Nel corso del tempo infatti, partendo dalle tavole di Ascoli Piceno, hanno via via invaso la Penisola da nord a sud, sconfinando in alcuni casi anche in altre parti del mondo.
Sarà per il loro gusto inconfondibile, per la loro semplicità (anche se, come vedremo tra poco, la loro preparazione richiede precisione e pazienza) o per il senso di convivialità che sono in grado di trasmettere, ma fidatevi che una volta assaggiate non potrete più farne a meno, e la loro diffusione lo dimostra.

Un prodotto unico
Nonostante la circolazione delle olive ascolane abbia ormai ampiamente superato i confini regionali, il legame con il territorio è ancora molto saldo.
L’originale Oliva Ascolana del Piceno D.O.P, che può essere panata e ripiena o semplicemente in salamoia, è prodotta solamente in 89 comuni compresi tra le province di Ascoli piceno, Fermo e Teramo, includendo quindi anche una piccola porzione del nord dell’Abruzzo.
Una tradizione dunque ancora forte e salvaguardata, che non può prescindere dalle sue terre di origine.
Non si tratta però soltanto di un rapporto storico ed affettivo, perché c’è qualcosa di più “concreto” che rende l’Oliva Ascolana D.O.P unica, ossia… l’oliva!

Esatto, si tratta di una qualità particolare e antica chiamata oliva Ascolana Tenera, la cui coltivazione, partendo dal Piceno, si è progressivamente diffusa su tutto il territorio regionale. Caratterizzate dal loro colore verde uniforme e dalle dimensioni piuttosto grandi, al palato queste olive risultano essere compatte e croccanti, mantenendo però, come suggerito dal nome, una certa tenerezza.
Come abbiamo visto l’Ascolana Tenera può essere guastata panata e fritta nella tipica ricetta delle olive ascolane, oppure, più semplicemente, in purezza una volta messa in salamoia. Da qualche tempo inoltre è stato riscoperto anche il suo utilizzo nella realizzazione dell’olio.
Tra storia e racconti
Quando si va alla ricerca delle origini di ricette così importanti per la tradizione culinaria di un determinato territorio il confine tra storia, leggende e racconti diventa sempre molto sfumato e difficile da delineare. Le nostre rinomate olive ascolane non fanno eccezione.
Ancora una volta bisogna partire dall’oliva Ascolana Tenera. Sembra infatti che questa qualità fosse ben conosciuta ed apprezzata già in epoca romana, quando le olive in salamoia erano molto utilizzate per la loro conservazione piuttosto lunga e per il buon apporto nutritivo.
La classica ricetta dell’oliva ascolana con il ripieno a base di carne e la panatura esterna è invece molto più recente. Si dice infatti che intorno agli inizi dell’Ottocento i cuochi della nobiltà locale, di comune accordo, idearono questa ricetta per far fronte ai grandi avanzi di carne che non sapevano come utilizzare. Una preparazione tutt’altro che popolare quindi, nata dalla necessità di non sprecare una materia prima, la carne, all’epoca pregiata. Difficile dire se questa ricostruzione sia vera oppure no, ma quello che possiamo affermare con certezza è che nel tempo l’oliva ascolana ha perso la sua presunta veste aristocratica, diventando un piatto amato e mangiato da tutti.

Immancabili poi sono i riferimenti a personalità celebri che pare andassero pazze per questa specialità. Gioachino Rossini, il cui smisurato amore per la cucina è cosa nota (e ne abbiamo parlato qui), pare che si facesse spedire le olive in Francia durante il suo lungo soggiorno parigino. Mentre si racconta che Giuseppe Garibaldi, dopo averle assaggiate nell’ascolano durante uno dei suoi viaggi, tentò addirittura di coltivare lui stesso a Caprera, con scarsi risultati, qualche ulivo in grado di garantirgli una scorta di olive ascolane.
La ricetta classica
Nonostante l’apparente semplicità la ricetta dell’oliva ascolana deve essere eseguita con cura e pazienza, seguendo un processo che prevede dei passaggi precisi.
Per prima cosa va fatto un grossolano soffritto di sedano, carota e cipolla, cui sarà aggiunta poco dopo la carne (rigorosamente non macinata!) composta da manzo per il 60%, maiale per il 30% e pollo per il 10%. Una volta cotta, dopo aver aggiunto sale e sfumato con del vino bianco, la carne andrà fatta raffreddare per essere poi macinata insieme agli elementi del soffritto. Al macinato andranno aggiunte uova, Parmigiano Reggiano e un pizzico di noce moscata, per completare quello che sarà il ripieno.
Nel frattempo le olive, tolte da una salamoia leggermente aromatizzata da alcuni gambi di finocchietto selvatico, saranno denocciolate con grande attenzione eseguendo un taglio “a spirale”.

Dopo averle aperte e riempiete con il ripieno si potrà proseguire con la panatura, passando l’oliva dalla farina, all’uovo, al pan grattato.
Eccole quindi pronte per una frittura breve e ad alte temperature, che vi permetterà di gustarle in tutta la loro croccantezza.
Le varianti
Anche se i puristi della tradizione potrebbero storcere il naso, sempre più frequentemente potrebbe capitarvi di trovare lungo la regione – e non solo – alcune varianti dell’oliva ascolana, sicuramente molto diverse ma altrettanto interessanti e prelibate.
Ad esempio, caratterizzate dal colore nero della panatura, non è raro incontrare le olive ascolane con aggiunta di tartufo, unendo quindi alla classica ricetta un altro prodotto marchigiano di altissima qualità.
Lungo la costa invece comincia ad essere piuttosto usuale la presenza delle olive ripiene di pesce, più delicate e spesso riempite con tonno o baccalà.
Infine cominciano a prendere piede anche le ricette vegetariane o vegane, dove un ripieno comunque saporito può essere realizzato con tanti ingredienti differenti.
Insomma… un’oliva per tutti i palati!
