Palazzetto Baviera | Marche travelling

Palazzetto Baviera

Oggi vogliamo portarvi all’interno di uno storico palazzo situato in Piazza del Duca a Senigallia, Palazzetto Baviera, che racchiude al suo interno alcuni capolavori artistici che vi lasceranno di stucco… in tutti i sensi.

L’edificio è figlio delle vicissitudini della storia, ed in particolare del rapporto tra la famiglia Della Rovere, la famiglia Baviera e la città di Senigallia.

Giovanni Giacomo Baviera arrivò a Senigallia il 23 ottobre del 1474, agli ordini di papa Sisto IV e di suo nipote Giovanni della Rovere, nominato dallo zio signore della città. La famiglia Baviera fu accolta benevolmente dal popolo senigalliese e Giovanni Giacomo decise di fare del Palazzetto la sua residenza.

La struttura, dunque, originaria del XIV secolo, fu ampiamente ristrutturata – forse su progetto del famoso architetto Baccio Pontelli – e nel 1512 i Baviera ne divennero ufficialmente i proprietari.

Le decorazioni a stucco che costituiscono il vero tesoro del Palazzetto furono realizzate circa cinquant’anni dopo – tra il 1560 e il 1562 – dal maestro urbinate Federico Brandani, su commissione di Giuseppe Baviera.

La famiglia rimarrà proprietaria dell’immobile fino al 1947, quando la sua ultima discendente, la marchesa Barbara Marazzani Baviera Benedetti, decise di donare l’edificio con tutti i suoi beni al Comune di Senigallia.

Importanti lavori di restauro si resero necessari a partire dal 1930, a seguito di un terremoto che danneggiò in modo importante il Palazzetto. Fortunatamente gli stucchi del Brandani non furono rovinati in modo irreparabile, e con ogni probabilità è grazie alla loro presenza e al loro grande valore artistico che si decise di non demolire la struttura.

Una fortuna per tutti coloro che hanno oggi la possibilità di visitarla e di godere delle sue bellezze.

L’edificio del Palazzetto Baviera

All’esterno il Palazzetto si presenta in modo elegante ed austero, con evidenti richiami all’architettura rinascimentale. In realtà tali fattezze derivano in buona parte dai lavori di rifacimento successivi al terremoto del 1930, quando si tentò di ricostruire la struttura secondo canoni cinquecenteschi.

 

Entrando vi troverete di fronte ad un piccolo chiostro, che presenta al centro un pozzo rotondo di modeste dimensioni decorato con gli stemmi dei Baviera. Questo raffinato cortile interno sembra ricalcare la fisionomia del chiostro maggiore del Convento delle Grazie – situato anch’esso a Senigallia -, progettato dallo stesso Baccio Pontelli.

Da qui, attraverso una rampa di scale, potrete raggiungere il piano superiore, dove troverete le splendide sale con gli stucchi che costituiscono il gioiello di Palazzetto Baviera.

Le sale

Federico Brandani è ricordato come uno dei più grandi maestri nell’arte dello stucco. Durante il XVI secolo i suoi lavori impreziosirono alcuni dei più importanti edifici dell’epoca, e la decorazione dei soffitti delle sale di Palazzetto Baviera può senza dubbio essere considerata uno dei suoi massimi capolavori.

 

In totale le sale sono cinque, più un camerino rinominato Camerino della Vittoria, ed ognuna presenta degli stucchi con soggetti differenti.

La prima, conosciuta come sala dell’Antico Testamento, riporta episodi ripresi dalla narrazione biblica, e forse era in passato utilizzata come cappella privata.

La seconda è la stanza delle Fatiche di Ercole, dove, come facilmente intuibile, sono rappresentate alcune delle imprese portate a termine dall’eroe greco.

Abbiamo poi la sala dell’Iliade, lo spazio più esteso e luminoso, le cui decorazioni ripercorrono il racconto omerico della guerra troiana.

Si passa quindi alla quarta sala della Roma Repubblicana che ricorda alcuni celebri eventi della Roma pre imperiale.

 

La quinta stanza è quella della Roma Imperiale e riporta episodi di non semplice identificazione, salvo quello dell’uccisione di Cesare.

Infine l’ultimo ambiente è quello del Camerino della Vittoria, un piccolo spazio dedicato al tema della Vittoria appunto.

 

Una serie di soggetti differenti ma ugualmente conosciuti. L’uomo che si fonde al divino, il mito alla storia. Delle rappresentazioni che rispecchiano in pieno in grande spirito del Rinascimento.

A cura di Giovanni Gobbi