
Un viaggio a Jesi, città in mezzo alla Storia
Jesi è una città a metà strada tra il mare e la montagna. Un luogo da non perdere e da conoscere. Perché visitarla? Scopriamolo insieme e ripercorriamo la sua Storia.
Secondo la tradizione, fu fondata da Esio, re dei Pelasgi che donò a Jesi il simbolo di un leone rampante. La fondazione di Jesi avvenne in realtà grazie agli Umbri, cui seguì la conquista della città da parte degli Etruschi, che ampliarono il loro dominio fino al mare Adriatico.
Il fiume Esino divenne nel IV secolo il confine meridionale naturale del dominio dei Galli Senoni, i quali trasformarono Jesi nell’ultima roccaforte di difesa contro i Piceni.
Jesi venne trasformata in una colonia civium romanorum con la battaglia del Sentino del 295 a.C. con la quale Roma sconfisse definitivamente i popoli Italici. Ha origine in tal modo il municipium di Aesis caratterizzato da una struttura urbanistica corrispondente al modello del Castrum, modello sostanzialmente intatto, sebbene attualmente esso appaia armoniosamente fuso con i segni monumentali della successiva città medioevale.
Con la dissoluzione dell’Impero Romano d’Occidente, Jesi, venne inclusa nella dodicesima provincia bizantina della Pentapoli mediterranea. Nel 756, insieme ad altre città, finì sotto la giurisdizione della chiesa, dando inizio al potere temporale dei Papi. Con l’incoronazione, nell’800, di Carlo Magno a Imperatore, Jesi, pur appartenendo alla Chiesa, ricadde sotto la giurisdizione imperiale ed entrò a far parte della nuova contea della Marca.
Nel 999 l’Imperatore Ottone III riconsegnò alla Chiesa otto contee, tra cui quella di Jesi. A partire da questo periodo prese forma la struttura feudale della città.
Attorno al 1130 Jesi diventò libero Comune con un proprio governo autonomo, Podestà, Consoli e Scuole di Arti e Mestieri. L’elaborazione degli Statuti avvenne contemporaneamente alla costruzione dei palazzi del Podestà, del Comune e della Cattedrale intitolata a S. Settimio. Durante il XII secolo e quello successivo, si fortificarono le mura sul tracciato di quelle d’epoca romana.
Molto importante è l’episodio che accadde in questi anni. Infatti, la città ha anche avuto l’onore di dare i natali all’imperatore Federico II nel 1194. Si narra che durante un viaggio verso Palermo, l’imperatrice Costanza dovette interrompere il viaggio proprio nella stupenda città marchigiana e partorì suo figlio in quella che oggi è la piazza principale della città.
Per l’occasione nella piazza oggi conosciuta come piazza Federico II si innalzò un baldacchino e davanti ad autorità e cittadini nacque Federico. Divenuto adulto, nell’ agosto del 1239 l’imperatore inviò una lettera agli jesini nella quale espresse il suo amore e senso di protezione verso la sua città natale conferendole il titolo di “Città Regia“.
Le fortune politiche di Jesi furono legate per anni a quelle di Federico II e dei suoi figli Enzo e Manfredi con l’ottenimento di “privilegi imperiali” seguiti da inevitabili “scomuniche ecclesiastiche”.
La crisi delle Istituzioni comunali e il successivo avvento di potenti famiglie come quelle dei Malatesta, Braccio da Montone, di Francesco Sforza aprì l’età delle Signorie.
Nel 1447 Francesco Sforza cedette Jesi alla Chiesa vendendola al Papa. La fine del periodo signorile e la ricomposizione dell’assetto comunale avviarono una grande ripresa economica, demografica e soprattutto
edilizia della città. A partire dalla seconda metà del Quattrocento, si modificò profondamente il volto architettonico della città con la costruzione di nuove chiese e palazzi e la progressiva espansione urbanistica fuori dalla cerchia delle vecchie mura.
Risalgono a questo periodo il rafforzamento del sistema difensivo cittadino ad opera del fiorentino Baccio Pontelli, la costruzione su progetto del senese Francesco di Giorgio Martini del Palazzo della Signoria, uno dei più bei palazzi monumentali della Marca.
Accanto alla rinascita economica ed edilizia ci fu quella culturale: il pittore veneziano Lorenzo Lotto realizzò per alcune Chiese della città capolavori assoluti d’arte e spiritualità; Federico de’ Conti da Verona stampò a Jesi nel 1472, una delle primissime edizioni della Divina Commedia e Ciccolino di Lucagnolo, cesellatore raffinato e maestro di Benvenuto Cellini sviluppò e perfezionò l’arte orafa.
Verso la fine del 500 l’oligarchia locale, costituitasi ormai solidamente in ceto di proprietari terrieri rivendicò a sé tutto il potere politico e amministrativo, potere che mantenne fino alla seconda metà del 700.
Nel 1797 le truppe napoleoniche posero fine sia al monopolio nobiliare che al dominio sul Contado.
Due riferimenti storici più significativi da segnalare per il secolo XVIII: la trasformazione architettonica ed urbanistica della città e la nascita di Giambattista Pergolesi e Gaspare Spontini, due grandi personalità nel
campo della musica che si affermarono in tutta Europa.
Nel 1808 con l’annessione delle Marche al Regno Napoleonico, Jesi divenne uno dei capoluoghi di distretto del Dipartimento del Metauro. Dopo la restaurazione del 1815 cominciò a prendere forma una concezione
laica e borghese dello Stato.
Nei primi decenni dell’800 iniziò a Jesi un graduale processo di industrializzazione con la nascita delle prime manifatture per la seta. Le vicende risorgimentali che condurranno alla unità d’Italia coinvolsero diversi personaggi jesini tra cui il Marchese Antonio Colocci eletto nel 1849 quale rappresentante della Provincia di Ancona all’Assemblea Costituente della Repubblica Romana e poi, dopo l’Unità, quale deputato e Senatore del Regno.
Il 15 settembre del 1860 i bersaglieri entrarono a Jesi mentre cinque giorni più tardi, nella vicina Castelfidardo la sconfitta dell’esercito papale ad opera delle truppe piemontesi sanciva la definitiva unione delle città al Regno d’Italia.
Jesi è oggi definita dall’UNESCO “Città esemplare” per la conservazione dei tesori artistici ed architettonici. È contornata da meravigliosi vigneti che danno vita al Verdicchio e nella sua Pinacoteca ospita ben cinque opere di Lorenzo Lotto. Si può quindi definire Jesi un connubio perfetto di arte, storia e cultura che la rendono una tappa imperdibile ed unica.
di Beatrice Perroni