
Vincisgrassi: la lasagna marchigiana che lasagna non è
Un piatto del territorio
Non sono lasagne, ma ci vanno vicino. Siamo sicuri che la frase appena letta potrebbe offendere qualche nostro corregionale saldamente ancorato alla tradizione gastronomica marchigiana. Qui infatti le lasagne sono lasagne e i vincisgrassi sono vincisgrassi (guai a confondere le due cose!). Per spiegare di cosa stiamo parlando però, magari dicendolo a bassa voce, possiamo dirvi che i due piatti sono molto simili, pur avendo delle particolarità in grado di sancire una legittima e antica divisione.
In questo articolo allora proveremo ad immergerci tra le preparazioni (al plurale perché, come vedremo, non mancano le varianti da posto a posto) e i racconti sui vincisgrassi, uno dei primi piatti immancabili sulle tavole della nostra regione.

Di cosa si tratta?
Proprio come per la lasagna la base dei vincisgrassi è una pasta fresca all’uovo sbollentata e poi, strato su strato, adagiata all’interno di una teglia pronta per andare in forno. Una delle sue peculiarità sta proprio nella numerosa stratificazione, formata da non meno di sette “fogli” di pasta (può arrivare anche a dieci o più). Una “torretta” notevole quindi, che lascia intuire subito l’abbondanza di questo piatto.
Ma la vera caratteristica distintiva rispetto alla classica lasagna emiliana sta nel suo condimento, per la ricetta classica composto da un sugo rosso di carne che andremo ora ad illustrare nella sua particolarità.

Prima però è doveroso fare una piccola precisazione: trattandosi di una preparazione corposa e ricca di ingredienti, nel tempo si sono sviluppate una gran moltitudine di varianti, non solo da un posto all’altro, ma anche da famiglia a famiglia. Ricercare perciò un’autentica ricetta originale e univoca, oltre ad essere forse impossibile, sarebbe ingiusto nei confronti della variegata cucina marchigiana che da secoli propone questo piatto tra i suoi cavalli di battaglia.
Detto ciò, seguendo la tradizione, una delle specificità dei vincisgrassi sta nell’aggiunta delle rigaglie di pollo al sugo, completato da un misto carni (solitamente manzo e maiale, da qualcuno macinati e da altri tagliati in modo più grossolano) e, talvolta, da un pezzo di carne di papera o di oca. Altrettanto importanti sono gli odori, tra cui sembrano non poter mancare almeno un paio di chiodi di garofano.
Un intreccio linguistico tra Marche ed Austria
I vincisgrassi da secoli fanno parte della tradizione culinaria marchigiana. Per molti sono il piatto della festa, della domenica, il piatto della convivialità e della famiglia.
E quando si parla di pietanze così radicate sul territorio non possono mai mancare le storie e i racconti. Quando furono ideati? Perché? Da chi? Interrogativi ai quali il più delle volte non è possibile trovare una risposta certa e inequivocabile, ma che si portano dietro una scia di curiosità e memorie dal fascino particolare.
Così è per il racconto, dove la storia si intreccia al romanzo, del generale austriaco e dell’origine dei vincisgrassi. Si dice che il piatto fu cucinato per la prima volta ad Ancona durante l’assedio della città del 1799 contro le truppe napoleoniche, cui prese parte anche il generale Alfred von Windisch-Graetz, il cui cognome potrebbe farvi venire in mente una certa assonanza. Proprio in suo onore, da lì in avanti, la ricetta avrebbe preso il nome di “vincisgrassi”.
Ora, per quanto interessante, il racconto in questione, all’analisi dei fatti, risulta essere piuttosto inverosimile. Prima di tutto il nostro Alfred von Windisch-Graetz nel 1799 aveva probabilmente dodici anni (secondo qualcuno infatti l’assedio non sarebbe quello contro le truppe napoleoniche ma uno successivo) e poi la ricetta dei vincisgrassi sembra essere precedente a quella data.
Il rinomato cuoco maceratese Antonio Nebbia nel 1779 parla infatti in un suo libro di ricette di princisgrass, un piatto a dire il vero in parte diverso dagli odierni vincisgrassi ma con un nome che esprime un richiamo piuttosto diretto.
È poi giusto ricordare che i vincisgrassi appartengono più alla tradizione culinaria dell’entroterra marchigiano e una loro presunta origine anconetana non appare convincente.
Chissà se un giorno, proseguendo con ricerche sempre più approfondite, si potrà arrivare ad una “verità” sulla nascita dei vincisgrassi. Nel frattempo siamo sicuri che i marchigiani – e non solo – continueranno ad andarne ghiotti.

Generale Alfred von Windisch-Graetz

Il cuoco Antonio Nebbia